Storie di famiglia 18

Sarà che la Storia è sempre parca con la gente semplice, sarà che fin'ora i tentativi di ottenere qualche informazione fresca dalla Königsbrück contemporanea si sono rivelati inutili, ma è forte la sensazione della presenza di un vespaio messo a riposo tanto tempo fa.

Sempre gli stessi episodi, che scaturiscono in un modo del tutto prevedibile. E le improvvise reticenze, quei vuoti di curiosità che hanno traforato la memoria, lasciando piú o meno intatti solo un certo numero di episodi danno una sensazione di una storia ripulita, in un certo senso disinfettata.

E allora quei vuoti fanno presagire che dietro ci sia qualche cosa di piú. Forse non è stata cosí indolore, anche la parte vissuta al piccolo casinó militare, dove non mancava il cibo e un certo grado di libertà. Anche in quell'angolo dove la Storia sembrava si stesse prendendo una pausa si sentivano gli echi di una carastrofe imminente. Una catastrofe che avrebbe colpito i suoi carcerieri, è vero, ma che, ne era sicuro avrebbe finito per trascinare anche lui. Proprio come la guerra alla quale non aveva mai concesso neanche un briciolo di entusiasmo, lo aveva trascinato talmente vicino al centro che potè sentire distinto l'odore acre del fosforo bianco che inceneriva in poche ore più di ventimila persone. Solo Hiroshima e Nagasaki avrebbero visto di peggio. Ma a quelle due città mancava ancora un anno e mezzo. Nessuno, prima del 13 14 15 febbraio del 1945 aveva mai visto tanto fuoco.

E di quei tre giorni non sono rimaste che immagini sfocate, e un nome Dresda, che le accompagna. Per qusta ragione la sensazione che il racconto non riesca a giungere fin dove vorrebbe. E a volte ho avuto paura di chiedere troppo. Come se a forza di fare domande, a forza di rimestare dovesse prima o poi riemergere qualcosa che desse a questa storia un punto di vista del tutto nuovo.



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