Storie di Famiglia 5

L'informazione

Domenica. Questa volta faccio la domanda precisa. Faccio sempre la stessa domanda per costringere mio padre a proseguire. Vorrei che raccontasse ma in un modo o nell'altro non riusciamo mai a finire. Pronto in tavola, ora di tornare a casa, mia figlia chiama dal cortile. Provo a ricostruire partendo da domande precise, dai dettagli, in modo da chiudere l'episodio, metterlo da parte.

Cosa è successo dopo che ti hanno costretto a salire sul camion del rastrellamento? Dopo quando? Quanto dopo? Un'ora, un giorno? O quando siamo arrivati a Torino? La sua memoria non è ordinata, lineare. Io cerco di ricostruire una storia, un prodotto che si possa seguire ordinatamente. Per lui, invece, è stata la sua esistenza e la memoria si è costruita sulle cose che lo hanno impressionato, impaurito. Non sempre sono state catalogate prima o dopo.

E poi i particolari. Non arrivano mai al momento giusto. Ho persino provato a fare uno schema con tanto di collegamenti con un blocco notes, insieme a mio padre. Lui mi ha guardato perplesso cercando di accontentarmi. Ma non siamo riusciti a tenere sotto controllo tutta quella gente, tutti quei chilometri. Insomma era una Guerra Mondiale. Una cosa la ricorda del momento della partenza. Tutti stipati sopra il camion, insieme ai suoi genitori ormai anziani, aveva intravisto il repubblichino che aveva cercato di fregare il portafoglio alla madre, strimpellare in disparte la sua chitarra.

Guardo il camion risalire tutto il viale della Rimembranza, un lungo viale con i platani che ogni autunno perdono migliaia di foglie gialle scrocchianti e d'estate creano una specie di giungla ombrosa. Sotto l'ombra di quella giungla uno dei protagonisti involontari di questa storia guarda il camion portare via la famiglia Milanesio. Non sa di aver commesso un madornale errore o meglio di aver contribuito a lasciare nell'errore i rastrellatori.

Erano arrivati la mattina ad arrestare altra gente, non i Milanesio. Il fatto è che i delatori avevano denunciato i proprietari del Ristorante Italia, non specificando il nome della famiglia. I rastrellatori erano saltati sul camion e avevano aggiunto alla lista anche quella informazione.

Il comandante della squadraccia, preso da un improvviso scrupolo aveva pensato che sarebbe stato meglio, più professionale, più militare, sapere almeno il nome di quelli che stava per arrestare e così all'arrivo, proprio lungo il viale della Rimembranza aveva fatto fermare il camion accanto all'unico narzolese in giro nella canicola d'agosto. Era sceso e aveva fatto la domada secca. Chi sono i proprietari del Ristorante Italia. L'uomo che aveva già avuto un sacco di problemi con il regime per il suo scarso entusiasmo per il partito fascista aveva risposto con un filo di voce. Già allora aveva diversi figli ed era sprovvisto della attitudine agli inutili eroismi. Come tutti in questa storia. E aveva fatto il nome di Bartolomeo e Teresa Milanesio e dei suoi due figli. Ma si sbagliava. Ovvero la domanda era sbagliata. Perchè i delatori si riferivano ai proprietari precedenti. E dunque il repubblichino stava andando ad arrestare le persone sbagliate. O meglio per sbaglio avrebbe arrestato le persone giuste perchè comunque la famiglia Milanesio aveva aiuitato i partigiani.

Il repubblichino risalì sul camion e andò a completare il lavoro. L'uomo con il quale aveva parlato era il calzolaio della città. La sua primogenita nata dodici anni prima avrebbe sposato uno di quei ragazzi che aveva involontariamente segnalato. Mio padre.

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