Piroso Ambrosoli Noioso


Da quando il buon vecchio Marco Paolini ha avuto il suo bel successo in tv, il teatro d'impegno civile fatto sotto forma di conferenza è una tentazione che ha colpito molti. Ieri sera c'è cascato Antonello Piroso, giornalista di razza, ex direttore del tiggì de La7, con uno spettacolo sulla vicenda Ambrosoli. E ci è cascato male.

Dato che la stagione della nascita del teatro di narrazione l'ho vissuta personalmente vorrei fare un po' di storia per spiegare perché lo spettacolo di ierisera è venuto così male.

A metà degli anni ottanta la situazione per il teatro era piuttosto drammatica. Molti dei numerosi gruppi che si erano formati sull'onda creativa del settantasette avevano fino ad allora sbarcato il lunario. Ma con l'aumento delle difficoltà economiche, le idee di ristrutturazione dei finanziamenti statali per il teatro, con l'accorpamento in centri di ricerca, costrinsero molti dei teatranti ad inventarsi modi "economici" per poter tirare, creativamente, avanti.

Una delle soluzioni più brillanti fur la riscoperta del "teatro da camera" (che poi prenderà il nome di teatri di narrazione). Non si riuscivano più a fare grandi produzioni che tenessero gli attori allenati? Bene allora, sulla scorta di un ritrovato teatro povero alcuni attori crearono spettacoli che stavano nel salotto di casa. L'allestimento di Marco Baliani di Kolhaas tratto da Heinrich Von Kleist prevedeva un attore e una sedia.
Il microteatro di Giacomo Verde invece amplifica un micropalco attravreso la mediazione di una telecamera.

Insieme a Roberta Biagiarelli misi in scena una versione di Giorni Felici di Samuel Beckett (Questa Winnie, produzione Settimo Voltaire, che ha debuttato al Festival Volterrateatro), nel quale palco e platea era la gonna di 3 metri di diametro della stessa protagonista. Sulla quale gli spettatori potevano sedersi.

Il teatro da camera è servito anche a provare parti di spettacoli più grandi. Come fece il Laboratorio Teatro Settimo di Gabriele Vacis che fece una lunga tournee a casa di amici e conoscenti con parti del suo La Storia di Romeo e Giulietta che venne poi prodotto come spettacolo per i teatri.

Marco Paolini faceva parte del cast di quello spettacolo. Non so se l'idea degli spettacoli da solo gli sia venuta in quel momento, tant'è che con Il Racconto del Vajont sdogana in teatro e soprattutto in televisione quello che verrà ribattezzato il teatro di narrazione. da lì una nuova generazione di attori: Ascanio Celestini, Davide Enia.
Quello di Paolini nasce con una forte connotazione civile. Ma è soprattutto scarno. In effetti Jerzy Grotowsky qualche decennio prima aveva puntato l'attenzione proprio sualla necessità di creare un tetaro scarno. Le scenografie, gli effetti stavano facendo assomigliare il teatro sempre di più al cinema. Il regista polacco optò per una minore invadenza scenografica per puntare l'esperienza teatrale sull'arte dell'attore.

Gli attori di quella schiatta è gente con una preparazione enorme. Non avendo l'ausilio degli effetti speciali è tutto sull loro schiena. Insomma per affrontare un pubblico in questo modo ci va coraggio e un sacco di esperienza di recitazione. A questo è servito soprattutto il teatro da camera. Grazie alla sua agilità gli attori hanno potuto fare decine, centinaia di "repliche" a stretto contatto con il pubblico affinando la loro arte. Marco Paolini è figlio di questa enorme preparazione. E quella che sembra naturalezza non è altro che un'attenta preparazione e un infinito ripetere.

Piroso non è un attore. E la sua narrazione non è costruita su una dramaturgia. È più una lunga digressione scivolosa le cui informazioni si dimenticano nel già confuso flusso degli eventi. I pochi elementi della scenografia, un tabellone con le varie connessioni, non viene mai utilizzato.
Alla fine la sensazione è una lezioncina di qualcuno che vuole dimostrare quant'è bravo (e Piroso non ne ha bisogno). Un lungo, lunghissimo editoriale a ruota libera che si perde spessio in rivoli e rivoletti. Il finale con il coup de theatre con l'ingresso del figlio e del nipote di Ambrosoli risulta stucchevole e fuori luogo.

Il teatro non è uno scherzo. E più l'attore è solo, più l'esperienza può essere profonda o tremendamente noiosa.

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