L'Affare Kurilov (Irene Nemirovsky)


Il diario di Lev M., rivoluzionario di inizio secoloXX, incaricato di uccidere un temuto ministro zarista soprannominato il Pescecane. A starci vicino persino i nemici più acerrimi rivelano un lato umano difficile da ignorare.

Si sente ancora un po' l'aroma di quella letteratura ottocentesca di stampo moralistico che sull'onda di Zola ha provato a dare un senso "politico" alla letteratura. Per il resto Irene Nemirovsky è una scritttrice del tutto contemporanea. Contemporanea ad un inizio secolo che è stato la forgia dei cent'anni e più che sono seguiti e quindi contemporanerea anche ai nostri anni. Nella violenza nichilista antizarista dei primi anni del novecento ci sono tutti gli ingredienti della guerra contemporanea: l'assassinio politico, le contrapposizioni insensibili, i kamikaze, lo struggimento e i dubbi dei contendenti, una realtà quasi sempre amara fatta di oppressione e incomprensione.

Il periodo che è stato la culla che ha partorito le due guerre più devastanti della storia dell'umanità (in termini morali) e quello che Hobsbawm ha chiamato il secolo breve i cui primi cinquanta anni hanno grondato di violenza insensata.

Un mondo ideologizzato del tutto insensibile che, per coerenza, ha ucciso la stessa Nemirowsky, ebrea di origine e russa ad Auschwitz, solo perché il governo francese si era ostinato a considerarla "apolide di discendenza guidaica" sebbene si fosse convertita e sebbene vivesse in francia dai suoi quindici anni.

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